Italian

Alture

LA STORIA
Il nome deriva dal neo latino Alturis ossia indica rilievi del terreno di origine artificiale o naturale che caratterizzano la località. Secondo studiosi le elevazioni di terra nascondevano sicuramente i resti diantiche costruzioni romane (forse un antica villa rustica romana). La prima citazione della villa di Alture, risale all’anno 1130, nella stesura aggiornata dei beni di poppo affidati nel 1036 alla giurisdizione delle monache del monastero di Aquileia. 
Ricca di corsi d'acqua e di fontanili di risorgive comprende abitazioni rustiche di contadini e società agricole.
Anche Alture, come Saciletto, fu proprietà dei conti Antonini. E' ancora possibile ammirare la palazzina in cui Prospero Antonini scrisse le ultime pagine del suo libro "il Friuli Orientale" (Milano, Vallardi 1965). Oggi è rimasta questa palazzina con le due scale, ormai disabitata, e lepiante secolari che la circondano a testimonianza di ciò che gli eventi hanno risparmiato.

MULINI
Il territorio di Alture è stato sempre ricco di risorgive e corsi d’acqua spontanei che hanno agevolato l’attività molitoria. In un documento del1382  ne sono menzionati ben sette. Ora gran parte dei molini non esistono più a causa delle opere di bonifica che, agli inizi del secolo scorso, hanno mutato radicalmente  l’idrografia della zona.
Degli antichi molini, ad Alture, è rimasto quello di proprietà dagli anni trenta della famiglia Simonetti, recuperato grazie ad un pregevole restauro e diventato abitazione nella sua interezza; qui sono conservati alcuni segni della vecchia molitura: le macine in tufo e le pile in pietra
Sebbene le origini di questo antico mulino, sorto accanto alla Roggia dei Prati ad Alture, risalgano ad epoche assai lontane, l’assetto attuale risale al XVIII sec., periodo in cui era proprietà di un certo Miceu. Qui si macinavano i cereali del circondario ed anche quelli provenienti dall’Istria, trasportati attraverso la roggia e l’Aussa, passando per il porto di Cervignano: fra essi il mais, il frumento, il sorgo, il panico, l’avena, la segale, il miglio… Oltre alla molitura di questi cereali, il mulino, grazie alla possibilità di regolare la velocità dei macchinari attraverso l’apertura e la chiusura di paratie che modificavano la portata d’acqua, oppure attivando solo alcune delle sei ruote, poteva prestarsi per la pilatura del riso, la trebbiatura di vegetali e la follatura del lino.
Era un mulino a sei ruote in legno che, nel 1919, vennero sostituite da una singola in ferro per ottimizzarne la resa. L’attività procedette invariata fino agli anni Cinquanta quando la produzione non poté più competere con i grandi molini di Cervignano e cessò definitivamente nel 1963. 
A sud di Saciletto, in posizione isolata, si trova l’ottocentesco mulino di Braida. L’edificio, (tra i più grandi della zona) ha pianta rettangolare e si sviluppa su 4 piani. Attualmente risulta alterato nelle sue forme originali.

Localizzazione