Comune di Ruda
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17/07/24
Il territorio del Comune di Ruda si trova sulla strada che da Grado porta a Gorizia, a circa sette chilometri da Aquileia, a poca distanza dal mare. La zona è assolutamente pianeggiante, percorsa da numerosissimi canali e corsi d'acqua sia naturali che artificiali, la cui funzione è quella di drenare il terreno permettendo la coltivazione. Caratteristica del paesaggio, peraltro coltivato ad alberi da frutta, a ortaggi e viti, sono anche le macchie di pineta, residuo di quella più vasta che doveva coprire il territorio in epoca antica.
Alture | Cortona | Mortesins |
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LA STORIA
Il nome deriva dal neo latino Alturis ossia indica rilievi del terreno di origine artificiale o naturale che caratterizzano la località. Secondo studiosi le elevazioni di terra nascondevano sicuramente i resti di antiche costruzioni romane (forse un antica villa rustica romana). La prima citazione della villa di Alture, risale all’anno 1130, nella stesura aggiornata dei beni di poppo affidati nel 1036 alla giurisdizione delle monache del monastero di Aquileia.
Ricca di corsi d'acqua e di fontanili di risorgive comprende abitazioni rustiche di contadini e società agricole.
Anche Alture, come Saciletto, fu proprietà dei conti Antonini. E' ancora possibile ammirare la palazzina in cui Prospero Antonini scrisse le ultime pagine del suo libro "il Friuli Orientale" (Milano, Vallardi 1965). Oggi è rimasta questa palazzina con le due scale, ormai disabitata, e le piante secolari che la circondano a testimonianza di ciò che gli eventi hanno risparmiato.
MULINI
Il territorio di Alture è stato sempre ricco di risorgive e corsi d’acqua spontanei che hanno agevolato l’attività molitoria. In un documento del 1382 ne sono menzionati ben sette. Ora gran parte dei molini non esistono più a causa delle opere di bonifica che, agli inizi del secolo scorso, hanno mutato radicalmente l’idrografia della zona.Degli antichi molini, ad Alture, è rimasto quello di proprietà dagli anni trenta della famiglia Simonetti, recuperato grazie ad un pregevole restauro e diventato abitazione nella sua interezza; qui sono conservati alcuni segni della vecchia molitura: le macine in tufo e le pile in pietra.
Sebbene le origini di questo antico mulino, sorto accanto alla Roggia dei Prati ad Alture, risalgano ad epoche assai lontane, l’assetto attuale risale al XVIII sec., periodo in cui era proprietà di un certo Miceu. Qui si macinavano i cereali del circondario ed anche quelli provenienti dall’Istria, trasportati attraverso la roggia e l’Aussa, passando per il porto di Cervignano: fra essi il mais, il frumento, il sorgo, il panico, l’avena, la segale, il miglio… Oltre alla molitura di questi cereali, il mulino, grazie alla possibilità di regolare la velocità dei macchinari attraverso l’apertura e la chiusura di paratie che modificavano la portata d’acqua, oppure attivando solo alcune delle sei ruote, poteva prestarsi per la pilatura del riso, la trebbiatura di vegetali e la follatura del lino.
Era un mulino a sei ruote in legno che, nel 1919, vennero sostituite da una singola in ferro per ottimizzarne la resa. L’attività procedette invariata fino agli anni Cinquanta quando la produzione non poté più competere con i grandi molini di Cervignano e cessò definitivamente nel 1963.
A sud di Saciletto, in posizione isolata, si trova l’ottocentesco mulino di Braida.
L’edificio, (tra i più grandi della zona) ha pianta rettangolare e si sviluppa su 4 piani. Attualmente risulta alterato nelle sue forme originali.
LA STORIA
Nome di origine medievale che, assieme a Ruda, è tra le prime località documentate del territorio comunale, indica arativi e prati con casali sparsi. Oggi abbiamo una Cortona Alta e una Cortona Bassa, quest'ultima divisa fra Ruda e Fiumicello.
Probabilmente il suo nome deriva da Cort, grande cortile rustico di casale isolato cinto da muri di difesa.
LA STORIA
Mortesins è toponimo di "acque morte", stagnanti, di terre acquitrinose. Si suppone che qui, in tempi antichi, passasse il fiume Natisone. Certa è invece la presenza ed il passaggio dei Romani durante il periodo di gloria della città imperiale Aquileia. Il borgo sorge sulla zona racchiusa tra i due rami della roggia Morticina che, nel passato, ha segnato per due secoli e mezzo il confine tra lo Stato Veneto e quello Austriaco.
LA CHIESA DI S. BARBARA
L'edificio fu fatto costruire nel 1782 dal canonico di Lubiana Michele Michieli, di qui nativo e quivi ritiratosi in età avanzata, forse sui resti di una chiesa preesistente citata nel 1344.
L’oratorio venne dedicato a Santa Barbara che è raffigurata nella pala dell’unico altare. Sulle pareti furono affrescate le immagini di San Marco, di San Francesco, di Sant’Antonio e di San Michele Arcangelo. Presenta un'aula di base ottagonale irregolare, con soffitto di travi a vista ed un corpo posteriore in cui è collocato l'altare. La facciata è caratterizzata da un elemento aggettante formato da due lesene sormontate da un timpano spezzato; nella parte superiore si apre un occhio. La porta rettangolare riquadrata è sormontata da un timpano. Sul lato posteriore è collocata una bifora campanaria. Sotto la grondaia corre una cornice decorativa mistilinea. L’edificio sacro fu seriamente danneggiato durante la Grande Guerra ma, grazie ai danni di guerra, fu sottoposto nel 1926 ad un generale rimaneggiamento che non ha causato notevoli alterazioni della struttura originaria.
Perteole | Saciletto | San Nicolò |
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LA STORIA
L’origine più accreditata del nome Perteole è quella che ritiene derivi probabilmente da un antico “Pertegule”, diminutivo plurale di "piccole pertiche" un’ antica unità di misura per terreni (nei documenti dei secoli passati si legge spesso di "perticazioni", cioè di misurazioni di una determinata zona), sia per la presenza di un cimitero longobardo nei pressi della chiesa di Sant’Andrea, ipotesi avvalorata dal recente ritrovamento all’interno della chiesetta di un’asticciola di legno (i Longobardi usavano porre sulle tombe una pertica con, sulla sommità, una colomba di legno orientata verso il luogo dove avevano trovato la morte i defunti lì sepolti).
Il primo nucleo abitativo si formò grazie agli operai che lavoravano in una fornace di laterizi risalente all’epoca romana.
In epoca patriarcale il borgo dipendeva dalla giurisdizione del monastero di S. Maria di Aquileia, in seguito passò sotto il dominio veneto e vi rimase fino alla sua caduta.
Nel periodo veneto e imperiale il borgo ed il suo territorio erano in gran parte di proprietà della famiglia Antonini. Dopo la breve parentesi napoleonica, Perteole seguì le sorti dell'impero Austro-Ungarico fino alla fine della prima guerra mondiale.
Il borgo rurale di Perteole si sviluppa lungo la via principale allargandosi in prossimità della chiesa parrocchiale, dove si trova il nucleo urbano più antico che è costituito, per la maggior parte, da edifici rurali risalenti al secolo scorso che si sviluppano sul fronte stradale: le facciate sono caratterizzate da graziosi portali arcuati in pietra che in alcuni casi immettono in caratteristiche corti interne.
Al centro del paese si trova un complesso rurale nel quale spicca un imponente granaio del primo Ottocento, che, nella facciata lungo la strada, presenta un ampio portale con conci di pietra. Poco distante c'è Villa Susanna, situata nei pressi della chiesa parrocchiale.
Perteole fu sede di un vecchio comune censuario, aggregato a Ruda nel 1928.
LA STORIA
Il toponimo ha a che vedere con le rogge di risorgiva che ne solcano il territorio. L’ipotesi più recente è che il nome derivi da Sac, ovvero ansa di fiume. Infatti, se osserviamo il luogo dove sorgeva l’antico abitato di Saciletto, è possibile vedere come il percorso di numerose rogge di risorgiva lo circondava come in una conca.
La storia di Saciletto si confonde con la storia del suo celebre castello: alcuni storici suppongono sia già esistito in epoca longobarda con funzioni di vedetta, facente parte della linea difensiva della Bassa friulana. Un longobardo, Andreas de Zazil, citato nel 1139, avrebbe posto la prima pietra del “Castrum Zazilet”.
Gli edifici del paese si dispongono sul fronte strada seguendo l'andamento sinuoso della via principale, la cui forma è probabilmente giustificata da ragioni strategiche. Diversi edifici presentano le caratteristiche delle costruzioni risalenti al sec. XV e XVI, con il coronamento del tetto in mattoni disposti a dente di sega, l'altezza dei piani e la mancanza del terzo piano con il tipico granaio.
CHIESA DEI SS. PIETRO E PAOLO
Parrocchiale di Saciletto: l'attuale edificio in stile barocco è stato edificato nel 1687 sotto il patrocinio del doge Francesco Morosini, che compensò Antonio Antonini con molte terre e denaro per i servizi resi alla Repubblica veneta durante la vittoriosa guerra di Candia.
Antonio Antonini destinò parte di quei beni alla costruzione della chiesa e la dotò di un Beneficio, consistente in 17 campi siti a Isola Morosini, per il mantenimento del cappellano. L'edificio sorge su una leggera altura e questo fa supporre che sia stato costruito sui ruderi di una chiesa precedente, la cui esistenza si può presumere dai seguenti indizi: 1507 - Antonio e Paolo, muratori di Campolongo, hanno richiesto alla comune di Saciletto 12 lire e 8 soldi loro dovuti per la fabbrica della chiesa del paese. 1567 - collocata la pila dell'acqua santa. 1677 - Zuane Nogarolla, alla sua morte, lascia una casa da adibire a canonica alla chiesa di Saciletto, in cambio di 24 Messe annuali in perpetuo.
La struttura della nuova chiesa, dedicata ai SS. Pietro e Paolo, si presenta attualmente come all'epoca della sua costruzione. Esternamente, molto semplice e lineare, presenta un bel portale in pietra con ampie aperture arcuate ai lati perimetrate da due lesene. Al centro c'è un'apertura a semicerchio, sormontata da un timpano, su cui campeggiava il busto in pietra del doge Morosini, trafugato negli anni Settanta. Ai lati dell'ingresso, sotto le finestre, erano collocate due lapidi appartenenti agli Antonini, ai quali spettava il diritto di jus patronato.
Due cancelli in ferro battuto, eseguiti dal fabbro D'Agostinis nel 1868, chiudono il vecchio cimitero del paese, inutilizzato dal 1840. Dagli stessi cancelli si accede alla torre campanaria di foggia veneta sulla quale da poco è stato collocato un orologio in sostituzione di quello antico, trafugato durante la grande Guerra. Nella chiesa, sopra l'altare maggiore, restaurato nel 1779, si trova una pala che rappresenta S. Giovanni Battista, S. Pietro e S. Paolo. A destra dell'unica navata si trova l'altare dedicato alla Confraternita di S. Giuseppe. Il Santo è rappresentato in punto di morte, assistito da Gesù, dalla Vergine e dal Papa. A sinistra si trova l'altare della Madonna del Rosario, la cui statua in legno è stata acquistata nel 1908. Nel 1923 venne tolta la pala dall'altare della Madonna ed il muratore Santo Livon eseguì la nicchia attuale per ospitarvi la statua. Intorno ci sono ancora i 15 medaglioni settecenteschi, dipinti ad olio su tavola, che rappresentano i misteri. Le pareti laterali dell'altare, fino ad un ventennio fa, erano ricoperte da quadretti votivi ricamati e da cuori d'argento, portati in dono alla Vergine in riconoscenza delle grazie ricevute. Gli affreschi dei quattro Evangelisti sulle pareti del presbiterio e quello del soffitto che rappresenta l'Annunciazione sono stati restaurati nel 1931 dal pittore Angelo Masin. Nel 1876 l'amministrazione della chiesa di Saciletto conferì l'incarico allo scalpellino Costantino Novelli, di Ruda, di sostituire le mattonelle in cotto con il pavimento in pietra dal Carso bianca e nera, battuta a martellina. Il costo fu di 560 fiorini.
Nel primo dopoguerra iniziò la raccolta fra i fedeli della somma necessaria per comprare un organo e costruire il soppalco; l'inaugurazione avvenne nel 1926. Lo strumento ottocentesco, che è a tastiera e proviene da una chiesa del Trentino, venne posto in opera dall' organaro goriziano Julius Kacin. Sempre nella stessa epoca venne costruito il sagrato in cemento con gli scalini in sostituzione dell'acciottolato. Le spese furono così elevate che, per recuperare fondi, vennero concessi simbolicamente ai privati i banchi della chiesa. Sui banchi vennero messe le targhette in ottone con i nomi dei benefattori. Nella sacrestia sono conservate le reliquie dei martiri: S. Lorenzo, S. Celso, S. Floriano, S. Quirino, S. Felicita, S: Vittorio, S. Ignazio, S. Ilario, S. Tiziano, S. Ermacora, S. Fortunato, S. Barbara e S. Orsola.
Un tempo la canonica e la casa del sacrestano erano ai lati della chiesa. Successivamente la sede della canonica venne trasferita nella casa di via Papa Giovanni al n° 6. Nel 1960 questa casa venne venduta e, con l'aggiunta di lire 3.500.000, si provvide a costruirne una nuova ai margini del paese sul terreno donato dalla signora Eleonora Gutmann d'Angeri. La casa del sacrestano è stata trasformata negli anni Novanta in ricreatorio, grazie al lascito di don Bruno Rossipal, parroco di Saciletto - Alture dal 1969 al 1989.
LA STORIA
Il nome di San Nicolò anticamente era "San Nicolaj De Levata". Sulla strada provinciale che da Gorizia porta ad Aquileia, dopo aver attraversato l'abitato di Ruda, si arriva in un paesino formato da circa un ottantina di case: San Nicolò di Levata.
Dell'antico borgo medioevale, San Nicolò conserva oggi pochissime tracce. Sorgeva in corrispondenza dell'incrocio tra due importanti strade (importanti e frequentate nel Medioevo): la Levata (da qui il nome antico San Nicolaj de Levata) che collegava Aquileia ai guadi del Torre in direzione di Cividale e la strada per il passo di barca sull'Isonzo. Siccome le irruenti acque del vicinissimo torrente Torre inondavano la strada e distruggevano i raccolti la strada venne elevata. Proprio per questo quella strada fu chiamata "La Levata" da cui il nome medioevale.
Si suppone, invece, che il nome San Nicolò derivi dal fatto che il santo era considerato protettore dalle inondazioni (viene infatti ritrovato varie volte in Friuli nei pressi di fiumi e acque).